Le signore del cibo: La badessa Giovanna, donna del Formaggio Parmigiano

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A cura di Giovanni Ballarini

Il monastero benedettino di San Paolo, fondato verso l’anno 1000 dal vescovo di Parma Sigifredo II presso la chiesa eretta nel 985, in questo fine del Millequattrocento e inizio del Millecinquecento sta godendo di un grande splendore sotto il governo delle badesse Cecilia Bergonzi (dal 1488 al 1505) e Giovanna Piacenza (dal 1507 al 1524) che ne hanno fatto uno dei centri culturali più vivaci di Parma. Uno splendore che deriva dalla saggia amministrazione di un ampio patrimonio, tra i quali grance e altri possedimenti agricoli e un caseificio e nell’avere tra le consorelle membri delle famiglie signorili della zona. In modo particolare la badessa Giovanna Piacenza (1479-1524) figlia degli aristocratici parmigiani Marco e Agnese Bergonzi, nel 1498 entrata nel monastero benedettino di cui diviene badessa, nel 1507 cura molto il decoro del monastero e la sua solidità economica, dedicando il primo decennio del suo superiorato alla sistemazione delle rendite e alla difesa di usi e costumi, sia ai rifacimenti architettonici e gli abbellimenti nel monastero. Donna di vasta cultura, seguendo le usanze delle grandi dame del Rinascimento, apre il suo appartamento ad artisti e letterati. È con la sua opera di saggia imprenditrice del caseificio posto nella Grancia di Giarola dotato di due caldaie, che la badessa Giovanna diviene un esempio nella produzione del Formaggio Parmigiano ed è qui che la Badessa, durante una delle sue visite periodiche, ci ospita per un’intervista su questa sua attività. Diversi sono i motivi di questa scelta. Questo è un posto tranquillo, dove possiamo gustare un ottimo formaggio Parmigiano unitamente a un vino dei colli della qui vicina Grancia dei Benedettini di Oppiano, decisamente migliore dei vini di pianura.

Reverenda Badessa Giovanna, lei è nota agli abitanti di questa città di Parma, e non solo, per la sua perizia nel condure il caseificio della Grancia di Giarola dove si produce un formaggio di alta qualità, tanto da essere denominato Formaggio della Badessa. Perché questa sua cura?
La tradizione vuole che la fondazione dell’ordine benedettino femminile, di cui faccio parte, risalga a Santa Scolastica, sorella di San Benedetto. La Regola benedettina impone ordine, stabilità, equilibrio fra preghiera e lavoro e grazie alle donazioni i monasteri acquisiscono proprietà e divengono poli di innovazione tecnologica con l’introduzione di mulini ad acqua, officine di ogni genere e in queste terre anche caseifici dove lavorare e conservare a lungo il latte delle mucche impiegate nei lavori dei campi. Ancora prima di entrare in questa abbazia sapevo che nei secoli passati e in queste terre, accanto alle loro abbazie dotate di grance, i monaci avevano costruito dei caseifici per lavorare il latte vaccino trasformandolo in un formaggio a lunga maturazione. Quando sono divenuta badessa e mi sono occupata di questo caseificio ho costatato che non sempre il formaggio era di buona qualità e dovevo intervenire. Per questo mi sono rivolta ai monaci del Monastero benedettino di San Giovanni di Parma i quali mi hanno iniziato alle conoscenze sulla lavorazione del latte vaccino per produrre formaggi a lunga maturazione e conservazione.

Comprendo i motivi della sua scelta, ma che cosa ha potuto apprendere dai Monaci della Abbazia di San Giovanni?
Questi monaci nelle terre della vicina Reggio avevano il caseificio del Traghettino, nel latifondo appartenuto fino al 1219 alla Abbazia di Canossa, quindi passato al Monastero di San Giovanni di Parma. Parlando e vedendo di persona questo caseificio ho conosciuto in dettaglio quelli che per me erano i misteri della trasformazione del latte in formaggio e ho potuto migliorare questo caseificio che ora ci ospita, aumentandone la produzione e soprattutto la qualità del formaggio. In questa corte che ci ospita, il casello di forma quadrangolare è dotato di due fuochi dove bruciare fascine e due grandi caldaie in rame. Quello che più è importante è stato il miglioramento della perizia del casaro e del suo aiutante che regola il fuoco, che ho anche mandato a vedere come si opera nel caseificio del Traghettino. Gli aspetti che più mi hanno interessato, sono la scrematura del latte e soprattutto l’uso di coagulanti, dal caglio estratto dallo stomaco di animali o utilizzando erbe particolari. Ho così appreso che sono stati i monaci delle abbazie come quella qui a Parma di San Giovanni, che nelle loro biblioteche hanno scoperto come gli antichi romani per cagliare il latte usassero lo stomaco della lepre e il cardo selvatico.

Reverenda Badessa Giovanna, cosa mi può dire su questo formaggio che nella città di Parma e anche oltre è noto come Formaggio della Badessa?
Come le ho già accennato all’inizio di questa gradevole conversazione, fin dall’inizio del mio mandato di badessa curo attentamente la solidità economica del monastero con le sue rendite. Considerate le caratteristiche ambientali di questa Grangia di Giarola nella quale vi sono due stalle con un centinaio di buoi da lavoro e mucche che producono abbondante latte, si comprende l’esistenza di un casello con due caldaie per fare il formaggio secondo l’uso dei monaci cistercensi e benedettini. Un formaggio a lunga stagionatura e conservazione e quindi di dimensioni molto maggiori di quelle dei caci di pecora o capra e prodotto con una perizia che, come le ho detto, ho particolarmente curato. Una forma di Parmigiano di Giarola non manca mai sulle mense del mio Monastero, soprattutto quando vi sono ospiti e, sono orgogliosa di dire, che una punta e anche una forma di questo formaggio che non esito denominare aureo è un dono prezioso sempre gradito soprattutto da artisti e letterati che frequentano il Monastero nel quale ho reso meno stringente la clausura. Tra questi mi piace ricordare Antonio Allegri, detto il Correggio (1489-1534) che ha affrescato parte del Monastero di San Paolo (N. d. I. – Soprattutto quella che sarà denominata Camera della Badessa) che non solo ha visitato la Corte di Giarola ma ha anche molto gradito, come parziale ricompensa del suo lavoro, una forma del formaggio qui fabbricato, giudicandolo di grande qualità.