A cura di Tatiana Cogo
Nel 2024 si festeggia il novantesimo anniversario della nascita del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano: l’ente che associa tutti i produttori di Parmigiano Reggiano fu, infatti, fondato nel 1934, quando i caseifici sottoscrissero l’atto costitutivo del primo Consorzio Interprovinciale Grana Tipico.
90 candeline, festeggiate alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Teatro Regio, sono tante ed è stato copioso il lavoro per tutelare, difendere e promuovere un prodotto che ha una storia millenaria, salvaguardandone la tipicità e la qualità.
Oggi più che mai, proprio per il valore che ha – da tutti i punti di vista – il lavoro del Consorzio è concentrato sul contrasto alla contraffazione di quello che è considerato il “re dei formaggi italiani”. È stimato che il giro di affari sul falso Parmesan fuori dall’Unione Europea (dove è tutelato dalla DOP europea) sia di ben due miliardi di euro.
Di questo, di sostenibilità, qualità e potenzialità in ambito di turismo enogastronomico abbiamo parlato con Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano.
Quella del Parmigiano Reggiano è una delle filiere di eccellenza del food Made in Italy, qual è l’impegno del Consorzio per renderla ancora più sostenibile?
La nostra Dop è un modello di sostenibilità, con un approccio fatto di rispetto non solo per l’ambiente, per il territorio e per le bovine, ma anche per i cittadini, che meritano una corretta informazione per una sana alimentazione. La filiera del Parmigiano Reggiano si caratterizza storicamente per bassi input: innanzitutto idrici, dato che il fulcro del suo sistema sono i foraggi freschi o affienati (prevalentemente erba medica e prati stabili che necessitano di poca acqua); in secondo luogo, chimici, considerato che gli erbai necessitano di minime quantità di concime e che nella filiera del latte si utilizza meno dell’1% dei farmaci veterinari; infine energetici, visto che si ara ogni 5 anni anziché ogni anno.
Inoltre, il Parmigiano Reggiano è sostenibile anche perché contribuisce a fortificare l’economia e a preservare l’unicità della dorsale appenninica emiliana: è infatti il più importante prodotto Dop ottenuto in montagna. Basti pensare che oltre il 21% della produzione totale, circa 860.000 forme, si è concentrata negli 83 caseifici di montagna, che impiegano oltre 800 allevatori. Ciò ha reso possibile il mantenimento di un’agricoltura in zone altrimenti abbandonate, invertendo una tendenza di decrescita che aveva colpito il comparto fino al 2014, e ha contribuito allo sviluppo di una società modernamente agricola e di un paesaggio riconoscibile e apprezzato sia dai suoi abitanti, sia dal circuito del turismo di qualità. Per il nostro Consorzio, sono il territorio e la comunità che lo abita il bene più prezioso e il nostro intento è quello di impegnarci sempre di più per preservarli ed essere un modello di sostenibilità ambientale, economica e sociale. I risultati ottenuti sono solo il primo passo di un percorso che non terminerà a breve e che richiederà una grande dedizione, ma che non per questo smetteremo di affrontare.
Il Parmigiano Reggiano non si può fare in nessuna altra parte del mondo ed è tra i prodotti più imitati. Cosa fa il Consorzio per preservarne la qualità e proteggerlo dall’uso speculativo del cosiddetto “italian sounding”.
La contraffazione è uno dei nostri principali problemi. Nel 2008 la Corte di Giustizia dell’UE ha stabilito che solo il Parmigiano Reggiano Dop può essere venduto con la denominazione Parmesan all’interno dell’UE, ma questa normativa non vale in tutti i paesi del mondo. Stimiamo che il giro d’affari del falso Parmesan fuori dall’UE sia di ben 2 miliardi di euro, circa 200.000 tonnellate di prodotto, ossia oltre tre volte il volume esportato. Proprio perché la nostra Dop è la punta di lancia del sistema delle Indicazioni geografiche, ci auguriamo che il governo italiano e le istituzioni europee proseguano con ancora più energia il percorso di rafforzamento degli strumenti per la promozione e la tutela delle IG. Inoltre, il Consorzio ha ufficializzato lo scorso 27 luglio (anniversario dei 90 anni dalla fondazione) l’apertura di un ufficio operativo (corporation) negli Stati Uniti, nostro primo mercato estero, per avere una maggiore efficacia nelle operazioni di tutela e di promozione nel mercato a stelle e strisce. Ci auguriamo di poter replicare presto questo modello anche in altri paesi extra UE.
Ogni anno i caseifici accolgono migliaia di turisti “esperienziali”. Quale è la strategia del consorzio per potenziare ulteriormente l’offerta turistica?
Il turismo enogastronomico è per noi un vero e proprio pilastro valoriale. Pensiamo che l’esperienza diretta della visita in caseificio sia il metodo più efficace per spiegare i valori e le distintività del Parmigiano Reggiano. Basti pensare che nel 2023, i visitatori totali nei caseifici del comprensorio sono stati 170.000, in aumento del 10% sul 2022. Anche per questo motivo, dopo il grande successo delle due edizioni 2023, che hanno registrato 24.500 partecipanti con un aumento del 19,5% sul 2022, nel fine settimana di inizio ottobre abbiamo replicato Caseifici Aperti, l’appuntamento promosso dal Consorzio che dà a tutti – dai foodies ai curiosi, grandi e piccini – la possibilità di scoprire la produzione della Dop, coinvolgendo 42 caseifici in tutte le province della zona di origine, ovvero Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno e Mantova alla destra del Po. Inoltre, abbiamo salutato con grande favore l’approvazione del nuovo testo unico europeo sulle produzioni di qualità, entrato in vigore quest’anno, che ha rafforzato ulteriormente il ruolo dei Consorzi, la protezione di Dop e Igp e la trasparenza verso i consumatori, stabilendo con chiarezza che le Indicazioni geografiche non sono solo un fattore economico per chi le produce, ma sono anche un vero e proprio elemento di sviluppo territoriale per la loro zona di origine.