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La meravigliosa storia del Parmigiano Reggiano

Raccontata da Mario Zannoni

I grandi lavori di bonifica effettuati in Emilia, dai monasteri prima e poi dai comuni e dai grandi feudatari, arrivarono a rendere disponibili rilevanti superfici di terreno che avrebbero dato origine ad un notevole sviluppo dell’agricoltura.
Nel Duecento a Parma e a Reggio era presente una agricoltura per quei tempi abbastanza avanzata che aveva sempre più bisogno di bestiame grosso sia quale forza motrice sia quale fonte di fertilizzante per i terreni.

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Nel Quattrocento l’Emilia conobbe un ulteriore sviluppo economico e vide l’ascesa di alcune famiglie aristocratiche il cui potere si basava sulla produzione agricola dei loro feudi.
Per i grandi feudatari la produzione casearia era non solo il fiore all’occhiello delle loro aziende agricole, ma rappresentava pure una cospicua fonte di reddito. In questo secolo il formaggio si faceva con il latte di circa 30-50 vacche e le sue dimensioni erano aumentate, le forme pesavano anche 18 kg l’una. La produzione si era estesa notevolmente.

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Il Duca di Parma Ranuccio I Farnese ebbe una grande intuizione degna di un sovrano moderno. Resosi conto che in uno stato agricolo la ricchezza non poteva che provenire dai prodotti della terra, si diede da fare per ottimizzare ed espandere la produzione alimentare.

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Con l’Ottocento assistiamo ad enormi cambiamenti nella struttura produttiva e sociale. L’Emilia del 1899 era enormemente cambiata rispetto a quella del 1801. Da una società agricola si stava passando ad una industriale.

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L’inizio del secolo XX è di fondamentale importanza per la storia tecnica del Parmigiano Reggiano. Fu allora che venne infatti messa a punto la tecnologia produttiva che dura tutt’ora. È nei primi anni del secolo che nei caseifici si diffusero il riscaldamento a vapore, il siero innesto e lo spino a gabbia Notari.

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