Gli sketch di Carosello, in onda sul Programma Nazionale (poi diventato Rete 1), sono un vero e proprio classico generazionale. Per i figli degli anni Sessanta e Settanta, personaggi come “Calimero” o “Carmencita e Caballero” sono indimenticabili, una pietra miliare nell’infanzia di milioni di italiani. Carosello era un programma con finalità pubblicitarie, nato nel 1957 nel contesto della giovanissima Rai. Attraverso degli intermezzi di varia natura (comici, musicali, animati, …), la rete nazionale fu in grado di aggirare le stringenti norme del tempo, che ponevano l’assoluto divieto di inserire la pubblicità nelle trasmissioni televisive. Il breve episodio, della durata di circa due minuti (gli ultimi anni portato a un minuto e quaranta secondi), doveva essere ben distinto dal cosiddetto “codino”, una parte audio-video durante la quale il prodotto in questione veniva apertamente e chiaramente mostrato al pubblico. L’ultimo episodio di Carosello, dopo ben due decenni di successi, venne trasmesso il 1 gennaio 1977. Il programma, oltre a diventare un appuntamento fisso per le famiglie italiane, rivoluzionò completamente il marketing televisivo nel nostro Paese, veicolando la promozione dei vari prodotti con filmati divertenti, adatti ad un pubblico vasto e generalizzato. Una particolare cura dei dettagli comunicativi, unita alla caratteristica leggerezza di spirito hanno fatto le fortune di Carosello, un format che rimane un unicum a livello mondiale.
Il Parmigiano e i “briganti mattacchioni”
Nel ricco palinsesto di Carosello, anche il Consorzio del Parmigiano Reggiano riuscì a ritagliarsi uno spazio importante, promuovendo il proprio marchio attraverso la buffa ciurma dei “briganti mattacchioni”. L’improbabile manipolo di pirati era sempre impegnato nella ricerca dell’Isola del Tesoro, rappresentazione metaforica del formaggio da tavola più famoso dello Stivale. Per loro stessa natura, gli inserti del programma attraevano soprattutto i giovani e i giovanissimi, servendosi di jingle che, per quanto possano risultare ripetitivi allo spettatore odierno, erano in quel contesto incredibilmente innovativi e accattivanti. Disegnate dal fumettista modenese Paul Campani (1923-1991), le avventure dei briganti mattacchioni erano un espediente spassoso e coinvolgente, in grado di fornire una vetrina inedita al prodotto. Certamente il Parmigiano non fu l’unico genere alimentare a beneficiare dell’esposizione mediatica offerta da Carosello, ma il suo coinvolgimento fu estremamente redditizio, dando anche spazio al relativo Consorzio in un’epoca di forte sviluppo socio-economico, in cui il mondo sembrava pieno di opportunità. Per quanto la pubblicità fosse, per convenzione e preconcetti, scissa dall’intrattenimento tanto da essere considerata “volgare”, le firme di Carosello furono spesso d’eccezione, così come gli attori e le professionalità coinvolte nella composizione degli episodi. Luciano Emmer (1919-2009), regista cinematografico e documentarista d’arte, fu ad esempio il curatore della prima sigla del programma, ma Carosello ebbe anche la fortuna di ospitare personaggi dello spettacolo e della cultura italiana. Tra questi si citano Totò (Antonio De Curtis), Walter Chiari, Mina, Dario Fo, Pippo Baudo e tanti altri, in una lista a cui andrebbe dedicato un intero approfondimento.
Perché proprio il Parmigiano?
Carosello fu in grado di rappresentare il passaggio storico che portò l’Italia a riconquistare entusiasmo per il futuro dopo i tempi incerti del dopoguerra, con uno slancio che favorì l’economia e, di conseguenza, fece impennare i consumi. Nei suoi personaggi, così sciocchi e paradossali, grandi e piccini potevano inoltre trovare un attimo di serenità in un mondo così caotico e in divenire, senza comunque dimenticare che l’intento del programma era sempre teso ad incoraggiare l’acquisto, più che ad allietare lo spettatore. Tuttavia solo alcuni prodotti riuscivano ad essere totalmente credibili nella loro rappresentazione, e ancora meno erano diretta espressione di un territorio, di una regione o di una città. Tra questi pochi eletti, il Parmigiano Reggiano divenne una bandiera dell’Emilia-Romagna, e nello specifico delle provincie in cui ancora oggi viene prodotto. Sotto la luce dei riflettori, il “Re dei formaggi” era in grado, anche grazie all’attento contributo del Consorzio nella supervisione e pianificazione degli episodi, di mantenere la sua unicità e un rapporto inscindibile con la sua terra.