Di fronte alle sfide proposte da un periodo complesso, la produzione di Parmigiano non si è mai fermata e i caseifici hanno lavorato, come di consueto, a pieno ritmo. La chiusura ha tuttavia influito sulle visite turistiche e sulle attività proposte dal Consorzio, che è stato comunque in grado di mantenere i contatti col pubblico attraverso le varie piattaforme web. Il Parmigiano Reggiano è da sempre un’espressione del suo territorio, ed è in tal senso un alimento “sociale”, sia nel suo legame con le persone che lo producono, sia in luce del “fil rouge” che collega la sua produzione alle tradizioni che hanno scritto la sua storia. A tutela di un formaggio che è ormai simbolo di italianità nel mondo, il Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, istituito nel 1954, si fa carico di tutte le procedure di controllo del prodotto in ogni fase della sua lavorazione.
Territorio e ambiente
Nelle parole di Igino Morini, al Consorzio dal 1996 e attualmente curatore della promozione turistica del prodotto, la produzione di Parmigiano mantiene un fortissimo legame con l’artigianalità che ne ha fatto le fortune, nell’assoluto rispetto della stagionalità e delle dinamiche ambientali. Ancora oggi difatti, i produttori tendono a valorizzare fortemente i foraggi del territorio, per garantire un’alimentazione sana e controllata delle mucche. L’impiego di sostanze di sintesi, quali antiparassitari e concimi chimici, è pressoché nulla, il che garantisce uno sfruttamento sostenibile del terreno. Anche nelle successive fasi di “vita” del Parmigiano, gli sprechi sono ridotti al minimo, siccome ogni ingrediente, dall’acqua, al caglio fino al latte stesso sono interamente utilizzabili. Lo spreco alimentare, così come quello idrico, sono ridotti ai minimi termini.
L’espertizzazione: garanzia di qualità e tradizione
Ancora oggi, gli esperti del Consorzio si assicurano dell’assoluta qualità di ogni forma di Parmigiano attraverso una pratica totalmente artigianale, che prende il nome di espertizzazione. Utilizzando appositi strumenti, i “battitori” analizzano minuziosamente ogni singola forma di formaggio, riuscendo ad individuare eventuali pecche e imprecisioni. Questa tecnica ha radici storiche profondissime e, assicura lo stesso Morini, è un passaggio di cruciale importanza, che necessita di pazienza e una grande cura del dettaglio. Non esiste un’apposita scuola di formazione per battitori: l’esperienza sul campo, con l’affiancamento di esperti più anziani, è l’unico modo per abituare i sensi a distinguere una forma ben riuscita da una difettosa. La procedura avviene dopo i primi 12 mesi di stagionatura e consiste in tre passaggi principali: un esame visivo, la “battitura” e, infine, la “spillatura”. Per prima cosa il battitore osserva la crosta e le marchiature superficiali della forma. Successivamente si utilizza il martelletto percussore, strumento utile per “sentire”, letteralmente, lo stato di maturazione del formaggio. Ad esempio un suono troppo “pieno” è un campanello d’allarme, che potrebbe far pensare ad un difetto della forma. In seguito si utilizza un ago a vite per estrarre una quantità minima di prodotto e verificarne lo stato, soprattutto con l’ausilio dell’olfatto. Solo in casi di particolare incertezza si procede all’estrazione di una quantità più ingente di pasta interna, attraverso la cosiddetta “tassellazione”. I battitori in attività sono poco più di venti e il loro lavoro specialistico, quotidiano e instancabile, è imprescindibile per il risultato finale dell’intero ciclo produttivo.
Il futuro
Per quanto le tecniche produttive del Parmigiano siano antichissime, il Consorzio ha un occhio di riguardo per la contemporaneità e, soprattutto, per l’educazione delle generazioni future. Igino Morini ci spiega l’importanza di “seminare consapevolezza tra i più giovani”, attività fondamentale per difendere il patrimonio del nostro territorio. In questo senso il Consorzio propone il progetto “Amo ciò che mangio”, offrendo una serie di visite guidate gratuite agli studenti delle scuole locali. L’iniziativa, ormai alla sua sesta edizione, ha fino ad ora coinvolto 6.000 insegnanti e oltre 150.000 studenti in tutta Italia. I temi ambientali hanno assunto, negli ultimi anni, una crescente centralità. Il punto di partenza deve consistere, sempre nelle parole di Morini, nell’approfondimento e nella preparazione riguardo ai prodotti delle nostre comunità e alle caratteristiche stesse del territorio. Diffondere queste competenze tra i produttori e i consumatori del futuro può incoraggiare un senso di responsabilità concreto e fattivo, proiettato verso un’innovazione che rispetti i ritmi della natura e la tradizione millenaria del Parmigiano, così come quella di tante altre ricchezze alimentari italiane.