La frazione di Ponte Taro conta 3.226 abitanti ed è, sin dai tempi dei primi insediamenti umani nella zona (risalenti addirittura al neolitico), una terra fertile e quindi adatta alle attività agricole di ogni genere. A est del Fiume Taro si estende la splendida cornice dell’omonimo Parco fluviale, territorio che ospita una vasta e rigogliosa biodiversità, sia in termini di flora che di varietà di specie animali. Il paese deve chiaramente il nome al grande ponte monumentale costruito attorno al 1170, in piena epoca romana, su iniziativa del pio eremita Nonantola. In quest’epoca il ponte era poco più che un rudimentale passaggio in legno e pietra. Una piena del fiume spazzò via l’intera struttura, compreso l’ospedale dei frati di Ponte Taro (ordine fondato dallo stesso Nonantola) nel 1235. La costruzione del ponte “vero e proprio”, un imponente attraversamento di 565 metri, avvenne invece per volere della duchessa Maria Luisa d’Asburgo-Lorena nel 1816. Ancora una volta l’intraprendenza di Maria Luigia, per usare il nome col quale era conosciuta a Parma, permise di erigere un manufatto estremamente importante, sia per la sua funzione pratica, sia per l’ambizione che sta a monte di un progetto di tale portata.
La costruzione del ponte
Si pensi che ad inizio Ottocento opere di questo genere erano un’assoluta rarità, specie in un contesto principalmente rurale come quello parmigiano. Il ponte sul Taro fu la prima delle grandi costruzioni commissionate dalla duchessa in quella che oggi è la provincia di Parma. Incaricati del complicato progetto furono l’ingegnere Antonio Cocconcelli (1761-1846) e l’architetto Giambattista Ferrari. La realizzazione del ponte fu tutt’altro che priva di intoppi, soprattutto per via delle difficoltà provocate dagli alti livelli del fiume e dalle piogge torrenziali. Nel 1819 il cantiere venne finalmente chiuso, regalando ai cittadini quello che, all’epoca, venne considerato come il ponte più lungo d’Europa. Due curiosità sui lavori di realizzazione: si dice che Maria Luigia avesse ordinato ai Podestà dei vari comuni di reclutare tutti i mendicanti che incontrassero, offrendo loro di contribuire alla costruzione del Ponte in cambio di un lauto compenso; le statue che stanno ai lati del ponte, realizzate dallo scultore parmigiano Giuseppe Carra (1766-1841) rappresentano i quattro principali corsi d’acqua del territorio: il Taro, l’Enza, la Parma e lo Stirone.