Giovanni Ballarini
Parmigiano Reggiano un formaggio
Fin dal Medioevo il formaggio Parmigiano Reggiano è generalmente e semplicemente noto come Parmigiano, non solo per la sua area di produzione ben più ampia dell’odierna Provincia di Parma, ma perché, secondo alcuni, commercializzato da venditori parmigiani. Più che una indicazione d’origine quale ora, è probabilmente commerciale, tanto che nei secoli successivi si parla anche di un Parmigiano Milanese prima di diventare l’odierno Parmigiano Reggiano prodotto nelle due attuali Province, ma anche nelle due sia pur piccole porzioni delle Province di Mantova e Bologna. Ma al di fuori di queste denominazioni dell’area di produzione, a Parma come a Reggio Emilia nel dialetto era chiamato semplicemente furmaj e formadio per eccellenza, italianizzato in forma, ma anche grana o granone facendo riferimento ai granellini che con la stagionatura compaiono nella sua massa. Nomi diversi che mutano anche nel tempo e che meritano qualche breve considerazione.
Parmigiano Reggiano nome sostanziale
Nomina sunt consequentia rerum, frase latina che significa che i nomi sono conseguenti alle cose, citata da Dante Alighieri (1265-1321) nella Vita Nuova (XIII, 4) ma che origina da un passo delle Istituzioni di Giustiniano (II, 7, 3) secondo la quale i nomi rivelano l’essenza o alcune qualità della cosa o della persona denominata. Il che è spesso vero (anche se non sempre), ma è comunque di non scarso rilievo anche per i formaggi in genere (formaggi, caci o tome?) e di ciascuno di essi le diverse varietà, come confermano le continue diatribe che riguardano le false denominazioni o sounding anche del Parmigiano Reggiano. Qui è da premettere che con la parola inglese sounding si definisce un fenomeno che consiste nell’utilizzo di denominazioni, ma anche riferimenti geografici, immagini, combinazioni cromatiche e marchi che evocano un prodotto diverso e per l’italiano Parmigiano Reggiano l’Italian Sounding consiste nel dare a formaggi diversi prodotti in ogni paese del mondo con tecnologie e qualità differenti nomi che evocano il Parmigiano Reggiano, ma che questo non sono, comeali Parmesan, Parmesans, Parmezan, Reggianito e altri che “suonano” italiano, ma che l’Italia non l’hanno mai vista.
Cacio, formaggio e toma nomi generici
Moltissimi sono i nomi tradizionali dei formaggi, considerando che solo in Italia, senza comprendere i nomi commerciali, sembra ve ne siano più di cinquecento. Ad un esame anche superficiale della situazione italiana risulta che esiste una denominazione generale e una denominazione specifica. La denominazione generale si concentra su tre designazioni (cacio, formaggio e toma) e quella specifica su un’estrema varietà, a volte associata alla denominazione generica, il più delle volte indipendente o derivata e collegata a una grande diversità di fattori: luogo di produzione, tipo di latte, aspetto o forma del prodotto ecc. Per esempio il cacio pecorino diviene Pecorino, il formaggio parmigiano assume la denominazione di Parmigiano Reggiano, la toma in Piemonte diventa Toma Piemontese, senza dimenticare gli esempi di Stracchino (prodotto con latte di vacche stanche o stracche) e soprattutto le denominazioni derivate dai luoghi di produzione (Asiago, Taleggio, Castelmagno, Gorgonzola, Bitto e loro modificazioni come Trentingrana, …) o di conformazione, aroma e modo di produzione del prodotto (puzzone, grana, caciocavallo, mozzarella …).
Ma da dove derivano le tre fondamentali e generali denominazioni presenti in Italia di cacio, formaggio e toma?
Cacio dal latino coagulum
Primo tra i tre termini sembra essere quello di cacio con le sue varianti dialettali. Partendo dal dato archeologico e dall’identità ergologica fra caglio e formaggio fresco (latino caseum) il cacio si lascia interpretare come un nome dialettale del caglio, di origine francese meridionale, derivato da coagulum, e tuttora attestato nell’area lombardo-emiliana, dove è introdotto dalla cultura medio-neolitica francese meridionale di Chassey. Il termine ha una chiara datazione romana che si diffonde anche nell’area germanica centrale, in Inghilterra, in area celtica e basca (tedesco käse, olandese kaas, inglese cheese, irlandese caise, gallese caws; basco gazta e per questo è presente in tuta l’Italia, ma soprattutto in quella centrale e in Sardegna.
Formaggio termine franco-italiano
Per il termine formaggio (dal latino formaticum, > forma) Mario Aline (Archeologia etimologica: alle origini del formaggio. Da lat. coagulum ‘caglio’ a lat. caseus/-m ‘formaggio’; *formaticum e *toma – Quaderni di Semantica – XXXI, n. 1, giugno 2010, pp. 73-112) ritiene la spiegazione tradizionale inadeguata e diversa da quella illustrata per caseum e coagulum, anche perché sul piano storico-culturale e linguistico vi sono stati due focolai di formaticum come nome del formaggio duro e semiduro, uno in alta Italia, e l’altro in Francia. Inoltre lo sviluppo italiano di formaticum è più complesso, anche se ha un’importante area ben delimitata della Val Padana che dà un contesto molto preciso e perfettamente adeguato, al processo di diffusione del supposto tipo padano formaticum, con la sua caratteristica produzione casearia, mentre verso la Francia meridionale il tipo francese formaticum sarebbe secondario e derivativo, rispetto a quello padano, e sarebbe poi rientrato in Italia con la cultura elitaria, del III millennio a. C. e con la cultura preistorica del Vaso Campaniforme. Pertanto la storia di formaticum, come quella di coagulum > caseum sarebbero franco-italiana nella quale Francia e Italia si alternano nel ruolo di focolai, primari e secondari, di innovazioni casearie culturali e linguistiche. Per quanto riguarda il formaggio Parmigiano va ricordata la sua probabile origine nei monasteri cistercensi che applicano conoscenze e tecniche provenienti dalla abbazia di Cîteaux, situata in Borgogna (Francia, nell’attuale Côte-d’Or) e qui il termine formaticum passa al latino e da qui all’italiano, dove compare per la prima volta nel 994 dell’era corrente, come formatico, da cui formaggio o semplicemente forma.
Toma parola d’origine greca
Per il termine toma i dizionari etimologici si dividono fra un’etimologia oscura e una dal greco tomè ‘taglio’, sulla base dell’idea che la toma sarebbe un pezzo della pasta di formaggio. Questo termine è diffuso in un’area compatta, che dal Midi francese orientale, attraverso le Alpi Occidentali, si estende soprattutto al Piemonte occidentale e alla Liguria, ma che è presente anche in altre regioni fino alla Sicilia. In Italia settentrionale, infatti, troviamo il termine anche nel bergamasco (tomasciòl), in Romagna (tumén) e a Bologna (tomino cacio tenero secondo Vincenzo Tanara), in Toscana (tomma), in Calabria e in Sicilia dove toma sembra dominare solo nella parte occidentale dell’isola. Secondo Mario Aline il sostantivo greco tomè (taglio) non si riferisce tanto al formaggio vero e proprio, quanto alla lavorazione del latte durante la quale il concetto di taglio designa il prodotto della separazione del siero del latte dalla sua massa grassa, che costituisce la cagliata e forma la base del formaggio fresco. Anche Dioscoride, per designare la cagliatura del latte, usa proprio la frase dividere il latte.
Formaggi grana
Moltissime sono le denominazioni dei formaggi tra le quali sono da ricordarne solo alcune come Caciocavallo, Crescenza o Carsenza sfocacciata, Giuncata, Mascherpa, Mascarpa e Mascarpone, Mozzarella, Quartirolo, Robiola o Robbiola, Stracchino e non ultima è quella di Formaggio Grana. Nella pianura padana, lungo la direttrice che da Milano arriva a Piacenza e che da qui, seguendo il tracciato della Via Emilia fino a Bologna, dopo l’Anno Mille una serie di Abbazie Cistercensi produce un formaggio vaccino di grandi dimensioni e a lunga stagionatura al cui interno compaiono precipitazioni di calcio in forma di granellini che portano alla denominazione di formaggio grana. Questi formaggi in Italia Settentrionale sono identificati dal luogo di provenienza (Formaggio Lodigiano, Piacentino, Parmigiano, Reggiano, …) mentre in talune città prevalgono altre denominazioni e nel resto dell’Italia e soprattutto all’estero prevale la denominazione di Formaggio Parmigiano o Parmesan e talvolta, soprattutto in Francia, di Formaggio Milanese. Queste due ultime denominazioni (Parmigiano – Parmesan e Milanese) sono d’origine prevalentemente commerciale e non da collegare al luogo di produzione del formaggio. In tempi relativamente recenti e con l’istituzione dei Consorzi di produzione del formaggio grana sorgono le denominazioni protette di Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Trentingrana e marche estere quali Gran Moravia e altre.
Il nome del Parmigiano Reggiano
Come si chiama, dunque, il Parmigiano Reggiano? Ohibò direbbe qualcuno, che domanda è questa? Si dimentica invece che il significato delle parole, soprattutto di quelle di uso comune come dei cibi, cambia con la storia e la geografia e questo avviene anche per il formaggio di latte bovino a lunga stagionatura. Formaggio, cacio, formadio, forma, grana, granone e altre denominazioni, perché per quello che è stato detto Re dei Formaggi?
Formaggio, perché ottenuto da una cagliata di latte, composta in una forma (l’attuale fascera, perché fascia la cagliata). Forma, termine che deriva dal greco formòs che indica il paniere di giunco in cui veniva posta la cagliata, per essere separata dal siero ed essere asciugata. Il termine passò al latino e da qui all’italiano, dove compare per la prima volta nel 994 dell’era corrente, come formatico, da cui formaggio o semplicemente forma. Formaggio parmigiano lo troviamo a Firenze citato da Giovanni Boccaccio (1313-1375) nel Decamerone (1348-1353), anche se prima a Genova si conoscevano i casei parmensi (1254) e nel 1159 nella Pianura Padana già si parlava di un formadio ritenuto suo antenato. Come fossero questi formaggi sappiamo poco, ma il Boccaccio ci dice che era grattugiato, quindi era un formaggio stagionato, e ci fa intendere che era di alta qualità, perché si conveniva al Paese di Bengodi. Formaggio parmigiano a Firenze e prima a Genova e dopo anche a Bologna dove Annibale Caracci (1560 – 1609) raffigura chi vende formaggio parmigiano, che ha una forma larga e bassa, simile all’odierna fontina.
Parmigiano denominazione commerciale
È opinione corrente che se il termine formaggio è ben consolidato, l’aggettivo geografico (parmigiano, piacentino, lodigiano e poi reggiano e via dicendo) sia prevalentemente commerciale e usato soprattutto fuori dal luogo di produzione. A Parma, Lodi, Reggio Emilia … il formaggio locale non ha bisogno di denominazione di origine, che invece compare nelle altre città. A Parma, Reggio Emilia e nelle altre zone di produzione locale il formaggio è il Formaggio o il Grana e basta. Al più si aggettiva come forma da grattugia, forma stravecchia e simili.
Quando nel 1934 i produttori di formaggio di Parma e Reggio Emilia, seguiti poi da quelli di piccole parti di Mantova e Bologna, si riuniscono in Consorzio scelgono la denominazione di Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, trascurando quella di grana, forse perché ritenuta equivoca o troppo popolare. Diversamente da questa scelta, in seguito, in altre aree italiane si costituiranno i Consorzi o si depositeranno denominazioni che fanno riferimento ai caratteristici granelli di ogni formaggio vaccino a lunga stagionatura, associando tuttavia il luogo di produzione: Grana Padano, Trentingrana, Granone Lodigiano. Mentre il termine parmigiano e sue traduzioni come parmesan sono protette, il termine grana in sé non è protetto, e si presta anche a usi equivoci, come quelli usati per i formaggi Gran Kinara e Gran Moravia, dove Gran viene ufficialmente proposto come grande, ma evoca e strizza l’occhio a grana!