La formella devozionale di San Lucio dal Caseificio Sociale di Palanzano al Museo del Parmigiano Reggiano

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Giancarlo Gonizzi

Un recupero per la storia delle tradizioni popolari legato alle produzioni tipiche del territorio.

Grazie alla disponibilità del Comune di Palanzano, sull’Appennino parmense e all’intervento del Consorzio del Parmigiano Reggiano, nel mese di maggio è stata recuperata una formella devozionale raffigurante San Lucio, il protettore dei casari e dei formaggiai, posta sull’ingresso dell’ex caseificio di Palanzano, di proprietà comunale e oggi in abbandono.

Il distacco e il successivo restauro della formella, ha permesso di salvare una testimonianza della religiosità popolare legata alla produzione del formaggio Parmigiano – ben riconoscibile dalla caratteristica crosta nera nella formella – prima che le intemperie la distruggessero, per destinarla alla conservazione e all’esposizione nel Museo del Parmigiano Reggiano di Soragna.

San Lucio, protettore dei casari
San Lucio è un santo “popolare”. Il suo culto nacque, spontaneamente, sulle montagne dell’estremo confine della Provincia di Como con il Canton Ticino, intorno all’abitato di Cavargna, ove divenne l’incontrastato protettore dei mandriani e dei casari. Il suo nome, modificato nel tempo, compare già in epoca medievale nelle forme di Luguzzone, Luzzone, Uguzzone, Uguzzo, Uguccione e simili.
Incerto è il periodo in cui visse Luguzzone, ma dall’analisi delle fonti, soprattutto con riferimento alla dedicazione dell’oratorio montano a lui intitolato, si può collocare il suo martirio a cavallo fra i secoli XIII e XIV.
Anche se non canonizzato, la devozione al Santo di Cavargna si propagò rapidamente in Lombardia ed in Canton Ticino, diffuso grazie ai casari e agli alpigiani che si spostavano per il loro lavoro.
La tradizione lo dice un pastore che curava il bestiame e offriva ai poveri il formaggio ricevuto dal padrone per paga. Questo formaggio si moltiplicava miracolosamente, provocando l’invidia del padrone, oltre al disappunto per le mancate vendite, tanto che finì per uccidere Lucio presso uno stagno, posto sul crinale che divide la Val Cavargna e la Val Colla, al confine tra il Comasco e la Svizzera. Le acque di quella pozza alpestre diventano rosse il giorno della sua festa, il 12 luglio, data del martirio. Raccolte dai fedeli erano conservate in casa per guarire le malattie degli occhi.
Patrono degli alpigiani, San Lucio divenne in seguito protettore dei formaggiai e a quest’ultima prerogativa si ispirò gran parte dell’iconografia del Santo, che rappresenta Lucio in abito da pastore, con una forma di formaggio ed un coltello nell’atto di tagliarla, spesso con un ramo di palma, simbolo del martirio.
Il culto del Santo si diffonde nell’Italia settentrionale a partire dal tredicesimo secolo, proprio dall’abitato di Cavargna, il centro più prossimo al luogo del suo martirio, sede di un santuario di valico a lui dedicato, ancor oggi esistente. Successivamente, divenuto patrono dei formaggiai e delle loro Corporazioni o Arti, la sua venerazione si sparse anche nelle città, come Milano, Bergamo, Brescia, Lodi, Codogno, Piacenza, Parma, grazie agli emigrati della Val Cavargna che nel loro peregrinare dovuto all’attività ambulante di “magnani” (ramai o calderai) avevano contribuito a diffondere il culto del Santo in una cinquantina di località del Nord Italia e del Ticino.
La festa di San Lucio viene celebrata tutti gli anni il 12 di luglio con grande afflusso di pellegrini che si inerpicano a piedi per raggiungere il santuario montano a lui intitolato a 1542 metri di quota.

San Lucio protettore dei Lardaroli di Parma
L’antichissima e potente Arte dei Lardaroli di Parma – secondo lo Statuto del 1459 – aveva il diritto di vendita esclusiva di formaggio, carni salate, olio di oliva e di semi, pesci freschi, salsicce, interiora e burro.
L’Arte era sorta in una zona in cui l’agricoltura prosperava già in epoca romana: Varrone nel I secolo a.C. aveva descritto le tecniche di produzione dei formaggi locali, che venivano esportati verso Roma attraverso la Liguria. Parallelamente si era sviluppata la stagionatura delle carni di suino – il cui allevamento era attestato nella zona fin dall’epoca preistorica. Le due attività risultavano intimamente connesse: infatti dagli avanzi di lavorazione dell’industria dei formaggi (siero), si ricavavano sostanze base perfettamente idonee all’alimentazione dei maiali. Da qui la concentrazione in un’unica Arte.
Notevole importanza rivestiva, per l’Arte, il culto del santo protettore San Lucio, che dal Seicento all’Ottocento risulta effigiato nelle licenze e sui documenti ufficiali dell’Arte stessa. Presso l’Archivio di Stato di Parma è conservata una incisione che ne mostra l’effigie, mentre il Santo è intento ad offrire un pezzo di formaggio ad un povero.
Presso l’Oratorio, poi sconsacrato e ridotto ad uso profano, delle Cinque Piaghe di Parma, dove aveva la propria sede l’Arte, si trovava, fino al 1913, sul primo altare di sinistra il dipinto raffigurante il “Martirio di San Lucio di Val Cavargna”, attribuibile a Giuseppe Peroni (Parma 1710-1776) e oggi conservato in Galleria Nazionale, dopo l’acquisto avvenuto nel 1917.
Ancor oggi in numerosi caseifici del Parmense è possibile trovare una statuetta in terracotta, una formella devozionale o una immagine di San Lucio.

La formella di San Lucio al Caseificio Sociale di Palanzano
Il Caseificio Sociale di Palanzano venne costruito, nella sua attuale forma edilizia, nel 1959 ed era costituito da una grande sala di lavorazione con copertura in laterizio dal frontone caratterizzato da due ampi finestroni e una porta vetrata e decorato da una fascia arcuata recante l’insegna in lettere smaltate e da una fascia sottostante con le iscrizioni obbligatorie sul finanziamento della “Legge sulla Montagna” e da un deposito a due piani adiacente. Cessata ormai l’attività da tempo per la concentrazione della produzione, l’immobile, in parte fatiscente, è oggi di proprietà del Comune di Palanzano e ospita i magazzini comunali.
La formella era murata sul portone di accesso al deposito rivolta a Ovest, ed è verosimilmente successiva all’intervento costruttivo.
Infatti la formella venne applicata solo superficialmente, senza incidere sulla muratura, che in quella zona è costituita da sassi di provenienza locale, ed era trattenuta esclusivamente dallo spessore dell’intonaco. Per questa ragione, sporgendo dal filo del muro di diversi centimetri, era particolarmente esposta alle intemperie, che ne hanno provato la integrità.
La formella può essere ragionevolmente datata ai primi anni Sessanta del Novecento e molto probabilmente aveva rimpiazzato una precedente immagine tridimensionale inserita in una nicchia presente nella muratura, di dimensioni più piccole e ancora visibile sotto gli intonaci, dopo il distacco, seppur colmata dal cemento.
La firma apposta a pennello sul bordo inferiore, riporta alla figura di Cesare Beduschi: figlio di Luigi ed Erminia Protti era nato a San Martino dall’Argine (MN) il 26 marzo 1886. Trasferitosi a Bozzolo, sempre nel Mantovano, in via Garibaldi 55, e titolare di una casa editrice e di una libreria cattolica, balzò alle cronache e venne condannato in tribunale per aver diffamato durante la campagna elettorale del 1946 Don Primo Mazzolari (1890-1959), all’epoca parroco di Bozzolo. Riappacificatosi con lui, ne pubblicherà alcune opere fino al 1961. Morì a Bozzolo nel locale ospedale il 10 agosto 1962.
Il Consorzio del Parmigiano Reggiano, informato dal Direttore del Museo del Parmigiano del significato storico e sociale che la formella aveva, il 2 ottobre 2017 chiedeva formalmente al Comune, proprietario dell’immobile, la possibilità di recuperarla per salvarla dall’inesorabile distruzione e destinarla all’esposizione presso il Museo del Parmigiano Reggiano di Soragna, in una apposita sezione dedicata alla figura di San Lucio.
Con delibera del 26 aprile 2018 il Consiglio Comunale di Palanzano accoglieva all’unanimità la proposta e donava al Consorzio la formella, mettendo a disposizione i propri mezzi per il distacco.
Le foto riportate a corredo di questo studio documentano l’intervento di distacco, eseguito dal personale del Comune, dopo avere fasciato la formella con nastro telato e averne fissato la superfice con nastro protettivo, il giorno 19 maggio 2018 alla presenza del Sindaco Lino Franzini e del Coordinatore dei Musei del Cibo, delegato dal Consorzio.
Successivamente la formella è stata affidata al laboratorio Opus Restauri di Parma per gli interventi di pulitura e consolidamento a cura di Giorgio Arcari e Angela Allini.

Formella di San Lucio: terraglia bianca porosa invetriata e smaltata, cm 32,5 x 24 x 6,5.
Produzione da stampo ad uso della devozione popolare. Anni Sessanta del Novecento.
Firmata Cesare Beduschi, Bozzolo (MN).

Stato iniziale
La formella, nonostante fosse murata, a causa del gelo era fratturata in 4 frammenti di grandi dimensioni e alcune schegge minori. È giunta in laboratorio stretta da nastro telato utilizzato per tenerla insieme durante la rimozione dal muro dove era fissata con cemento nero duro, (detto anche “fuso”, usato comunemente per fissare cardini e ferri portanti). Presentava alcune lacune nel rilievo della figurazione e nella cornicetta sul profilo. Muffe e licheni stavano colonizzando la superficie.

Restauro
Dopo avere documentato con foto digitali lo stato di conservazione iniziale del rilievo da ogni lato, è stato rimosso il nastro telato con solvente per evitare di esercitare trazione sull’invetriatura della terraglia. Quindi è stato rimosso con cautela il cemento utilizzando fresette e vibroincisori a punta fine a bassa velocità, perché il cemento ha una durezza molto superiore alla terraglia.
I frammenti della formella sono stati poi uniti con una resina adesiva trasparente.

Lettura estetica
Dopo l’incollaggio le lacune sono state reintegrate, senza ricostruzioni plastiche, ma con adeguamento cromatico abbassandone il disturbo visivo con velature di colore reversibile con la tecnica del “rigatino” che permette di distinguere chiaramente le parti originali del manufatto dagli interventi successivi.
L’oggetto, infatti, non ha più un uso devozionale, ma, nella collezione museale, assume la valenza di testimonianza storica e culturale; per questo, conservando l’umile oggetto con i segni e i danni del tempo, dedicandovi una reintegrazione di minimo impatto, se ne rispetta l’integrità ottenendo una valorizzazione dell’originale più rigorosa.

Opus Restauri