Di Giovanni Ballarini
Ricotta, latticino ricavato mediante leggera acidificazione e cottura a circa 80° dal siero del latte ovino o bovino che residua dopo la cottura del formaggio. Costituito da siero-proteine coagulate, quantità variabili di grasso, minime quantità di lattosio, sali minerali, la ricotta è di antiche origini. Definita in passato il formaggio dei poveri, forniva il fabbisogno nutrizionale a basso costo, oggi come alimento compatibile con la dieta vegetariana e per il basso apporto calorico e l’alto contenuto proteico la ricotta può essere inserita nelle diete dimagranti. È usata in molte diete e come ingrediente di antipasti, primi, secondi e dessert. Nella gastronomia parmigiana la ricotta è prodotto essenziale nella preparazione dei “Tortelli d’erbette”, piatto iconico del solstizio d’estate e della festa di San Giovanni.
L’invenzione della ricotta
La nostra specie di Homo sapiens, antica di duecentomila anni, nel Periodo Neolitico, circa diecimila anni fa, compie la prima invenzione rivoluzionaria dell’addomesticamento di vegetali e animali con la loro coltivazione e allevamento. A questa rivoluzione, nella Età del Bronzo l’Homo faber fa seguire un’ulteriore, secondaria rivoluzione dell’uso degli animali come produttori di lavoro, lana e latte e in tempi successivi e luoghi diversi consegue la terza rivoluzione della trasformazione ancora in atto degli alimenti di origine animale, per cui il latte è trasformato in formaggi, burro e ricotte. Le prove archeologiche mostrano che il consumo di latticini è avvenuto subito dopo l’addomesticamento dei ruminanti e peptidi di beta-lattoglobulina e caseina specifici per i bovini sono stati rilevati in frammenti di vasi di circa ottomila anni fa provenienti da Çatalhöyük in Turchia, solo due millenni dopo che i bovini taurini erano stati addomesticati per la prima volta. In Europa tracce di grassi indicative della produzione del formaggio sono state trovate in recipienti forati usati come colini da settemila quattrocento a seimila ottocento anni fa e il formaggio più antico mai trovato è conservato in un vaso egiziano di circa tremila trecento anni. Il burro più antico è stato trovato nell’Europa settentrionale, in Irlanda, in contenitori di legno, ha oltre tremilaseicento anni e risale al 1745-1635 a. C. Non abbiamo invece notizie archeologiche preistoriche su quando accanto al formaggio l’uomo con colini di terra cotta inizia a separare, produrre e a usare il siero di latte residuo dalla produzione del formaggio trasformandolo in ricotta, ma possiamo solo basarci su notizie storiche, quindi in tempi a noi relativamente più recenti.
Ricotta storia antica sempre attuale
Certamente la ricotta ha origini antiche, come possiamo supporre dai colini preistorici usati per separare il coagulo del latte trasformato in formaggio. I primi che possono aver prodotto la ricotta sono i pastori asiatici, i Sumeri e gli Egizi seguiti da tutti i popoli mediterranei che praticano la pastorizia, tra questi i Greci, gli Italici e i Romani. Spesso e in modo erroneo si cita la scoperta di un rilievo sumero del III millennio a. C. chiamato Fregio della Latteria in cui sono raffigurati alcuni sacerdoti che lavorano latte ma non è possibile individuare una produzione di ricotta. In modo analogo nel Canto Nono dell’Odissea di Omero dove si descrive la grotta del ciclope Polifemo e la presenza di caci, ma anche qui niente si dice sulla loro produzione e sull’uso del siero di latte per la preparazione di ricotta. La produzione di ricotta sembra essere presente nella penisola italiana durante il II millennio a. C., come si evince dall’abbondante presenza di strumenti storici utilizzati nella caseificazione rinvenuti nella documentazione archeologica. Nell’antica Roma Marco Porcio Catone (234 a. C. – 149 a. C.) nel suo De agricoltura nella ricetta del Libum e del Savillum usa il formaggio e non la ricotta e Lucio Giunio Moderato Columella (4 d. C.- 70 d. C.) che parlando delle principali attività dei pastori e descrivendo la produzione del Moretum cita sempre e soltanto il formaggio (cacio). Questo non vuole dire che non si conoscesse o producesse già la ricotta, probabilmente così denomina dal latino recostus cioè cotto due volte. Ricotto perché il siero, privato della cagliata da cui si ottiene il formaggio è infatti cotto per provocare la coagulazione delle sieroproteine che sono raccolte e sono deposte a scolare in cestini forati, come quelli rappresentati a Pompei in affreschi nella casa di due ex schiavi, i liberti Aulus Vettius Conviva e Aulus Vettius Restitutus, che hanno successo nel commercio di prodotti agricoli.
Nei libri di cucina medievale i formaggi ricorrono con frequenza, raramente citati con il nome specifico e indicandone genericamente le caratteristiche in relazione ai loro usi: formaggi freschi o vecchi, grassi, secchi, molli e tra questi ultimi vi è la ricotta e la più pregiata è la giuncata che trae il nome dai panieri di giunco intrecciato in cui è versata per scolare. Un cibo inoltre di consumo popolare la ricotta, che tale sembra rimanere anche nei tempi successivi, come fa pensare la leggenda medievale che parla di San Francesco D’Assisi come inventore della ricotta. Secondo la tradizione sarebbe stato questo santo, nel 1223, ad insegnare ai pastori l’arte di produrla e che non fa che rafforzare l’idea di un cibo popolare cone sono i suoi fraticelli, diversi dai monaci dei ricchi monasteri. Durante il Medioevo, per opera dei monaci soprattutto cistercensi, si assiste ad una nobilitazione dell’arte casearia, con un aumento della produzione dei formaggi che da cibo rustico alternativo alla carne divengono cibo pregiato. Di conseguenza, cresce anche la produzione del siero di latte che trova la sua destinazione nella trasformazione in ricotta, mentre il latticello che ne residua è destinato all’alimentazione animale, soprattutto dei maiali.
A questo periodo risalgono diverse rappresentazioni della produzione di ricotta, come nel Tacuinum Sanitatis del XIV secolo.
Nell’Ottocento Achille Bruni (1817 – 1881), professore della Regia Università di Napoli, nella sua monografia Del latte e dei suoi derivati pubblicata nel 1859 nella Nuova Enciclopedia Agraria, descrive come si produce la Ricotta di Bufala in quel periodo. Nell’opera Giornale di viaggio fatto in Sicilia particolarmente nella contea di Modica dell’abate Paolo Balsamo (1764 – 1816) risalente al 1808 si descrive la produzione di ricotta e formaggi nel ragusano, valorizzando anche la qualità dei pascoli e del bestiame. L’autore racconta di diverse quantità di ricotta prodotte, a seconda dei territori e dei produttori, e del numero di animali, riporta l’usanza di produrre burro dalla ricotta che sta per diventare acida e definisce questi prodotti, tra cui la ricotta, tra i migliori della Sicilia, espressione dei territori e delle usanze locali.
Durante l’Ottocento la produzione casearia subisce cambiamenti e in questo secolo vi sono grandi trasformazioni nella struttura produttiva e sociale quando da una società agricola inizia la trasformazione verso una società industriale. I caseifici sono quasi tutti turnari con un conferente latte principale che in genere è il proprietario del caseificio e gli altri conferenti latte, che sono i suoi mezzadri. In questi caseifici si producono formaggi, burro e ricotta, quest’ultima distribuita prevalentemente ai consegnatari del latte ma anche venduta nelle latterie.
Nel Millenovecento e soprattutto nel Duemila la ricotta vaccina, bufalina e ovi-caprina, adeguatamente confezionata e conservata, entra nella grande distribuzione alimentare come alimento compatibile con la dieta vegetariana e per il basso apporto calorico e l’alto contenuto proteico: è ì inserita nelle diete dimagranti e usata in molte diete e come ingrediente di antipasti, primi, secondi e dessert.
La ricotta oggi
La gestione degli sprechi alimentari e dei sottoprodotti, a causa dell’aumento globale della popolazione mondiale e del consumo di cibo, è una sfida per l’industria agroalimentare che deve affrontare costi economici crescenti per il trattamento e o lo smaltimento dei rifiuti e per rispettare stringenti normative ambientali. Tra le diverse attività produttive, l’industria lattiero-casearia produce annualmente milioni di tonnellate di sottoprodotti, rappresentati principalmente dal siero di latte, che corrisponde alla frazione liquida che rimane dopo la coagulazione del latte. Circa nove, dieci litri di siero di latte derivano dalla produzione di un chilogrammo di formaggio e questo siero, se scartato senza trattamento, crea notevoli problemi per l’ambiente. Per questo il siero di latte è utilizzato in alimentazione animale e in piccola parte per il recupero o la sintesi attraverso processi fisici, chimici e biotecnologici di molecole con potenziale nutrizionale e farmaceutico.
In molti Paesi come Portogallo, Spagna, Italia e Turchia, il siero di latte è tradizionalmente usato per ricavare prodotti caseari diversamente denominati come requeijão, requesón, ricotta e lor. La ricotta non è prodotta solo in Italia, ma anche in molte aree del Mediterraneo: in Francia è chiamata sérac, in Grecia myzìthra, a Malta rikotta. Fuori dal Mediterraneo, in Romania e probabilmente per un’antichissima influenza romana, la ricotta è detta urda. Questo avviene con l’acidificazione e il riscaldamento a 85 – 90 °C per venti, trenta minuti del siero di latte per consentire la coagulazione e la successiva precipitazione delle proteine del siero di latte utilizzate nella produzione di ricotta. Secondo l’origine del siero e del processo impiegato, la resa del formaggio di siero è inferiore al 4%, a meno che il siero di latte non sia precedentemente concentrato. Il liquido che rimane dopo la separazione del siero di latte rappresenta oltre il 90% del siero di latte originale ed è il principale sottoprodotto della filiera di produzione del formaggio di siero di latte. Questo siero di latte, ottenuto dalla produzione della ricotta, è in Italia chiamato Scotta e comunemente definito come siero di latte esausto di ricotta: è un liquido che se scartato nelle acque riduce l’ossigeno disciolto divenendo rischioso per la vita acquatica, l’ambiente e la salute umana. Oggi questo liquido è considerato una fonte di composti funzionali e bioattivi, in particolare proteine e peptidi, ottenuti con diversi metodi, come ultrafiltrazione, diafiltrazione, nanofiltrazione, cromatografia a scambio ionico, elettroforesi, cristallizzazione e precipitazione.
Ricotta cotta due volte
Tra i prodotti derivati dal latte dei diversi animali (pecora, mucca, capra o bufala) la ricotta, pur essendo un prodotto caseario, per legge non è un formaggio, ma un latticino ottenuto dalla coagulazione non della caseina ma da albumina e globulina, due proteine contenute nel siero di latte che residua dalla cagliata con la quale si è prodotto il formaggio. Tradizionalmente la coagulazione delle sieroproteine avviene con il riscaldamento del siero alla temperatura di 80 – 90°C, aspettando l’affioramento della ricotta in superficie. Più recentemente si sono sviluppate tecnologie che sfruttando la reazione di saturazione salina permettono un migliore recupero ed una più alta qualità della ricotta. Inizialmente sono state usate particolari acque sorgive ricche di sali o l’acqua del mare, ma oggi s’impiegano particolari sali per ricotta, in generale costituiti da una miscela di cloruro calcinato di calcio, cloruro di magnesio e cloruro di sodio che facilitano l’affioramento delle sieroproteine. Sono anche usate soluzioni acide (acido citrico, lattico, sale amaro o inglese) per catalizzare la coagulazione. La ricotta è commercializzata tal quale e in particolari confezioni protettive.
Composizione della ricotta
Tra tutti i derivati del latte, anche se la composizione della ricotta dipende dal siero di partenza di vacca, pecora, capra o bufala, la ricotta contiene proteine di alta qualità e pochi grassi.
Molto elevato è il contenuto di proteine che va dagli otto grammi della ricotta di pecora agli undici, dodici grammi di quella di vacca. Mentre nel formaggio sono presenti le caseine del latte, la ricotta contiene le albumine e le globuline del siero, proteine che hanno funzione di trasporto, anticorpale ed enzimatica. Queste proteine rappresentano circa il 20% delle proteine totali del latte e hanno un elevato valore biologico per la rilevante presenza di aminoacidi essenziali e ramificati e un elevato contenuto di cisteina, un aminoacido necessario per la sintesi di glutatione, uno dei maggiori antiossidanti presenti nel nostro organismo. Queste proteine hanno anche proprietà antimicrobiche e possono potenziare le funzioni immunitarie, riducendo anche alcuni dei sintomi legati a fattori di rischio cardiovascolare.
Limitata è nella ricotta la presenza di grassi che variano con la specie animale dalla quale deriva il latte. La ricotta di pecora ha un contenuto di grassi più elevato, compreso tra i dodici e i venticinque grammi per cento grammi di prodotto, mentre la ricotta vaccina si ferma attorno agli otto grammi dei quali oltre i due terzi sono grassi saturi come palmitico, miristico, stearico e butirrico, e il terzo rimanente è rappresentato da mono- e polinsaturi come oleico, palmitoleico e linoleico.
Modesto nelle ricotte è il contenuto di colesterolo, intorno ai cinquanta milligrammi per etto. Gli zuccheri oscillano tra i tre e i quattro grammi per etto, con una elevata presenza di lattosio, per cui la ricotta tradizionale non è adatta ai soggetti intolleranti a questo zucchero, ma oggi in commercio vi sono ricotte prodotte con latte delattosato. Buono nelle ricotte è l’apporto di sali minerali: abbondano calcio, selenio, fosforo e zinco, e le vitamine, soprattutto A, B2 e B12.
Non una ma tante ricotte
Come per i formaggi anche le ricotte sono diverse e questo dipende dal tipo di produzione e soprattutto dal siero del latte utilizzato. Solitamente si fa riferimento a quello di pecora, di mucca o di capra, meno di bufala. La diversità tra le diverse ricotte riguarda la consistenza e soprattutto il sapore e l’aroma, caratteristiche che dipendono dalla tecnica di produzione, specie, razza e alimentazione dell’animale produttore del latte, periodo dell’anno e non ultimo l’ambiente di allevamento. Le regioni d’Italia dove si produce la ricotta sono la Sardegna, la Calabria, la Campania, la Sicilia, la Puglia, l’Abruzzo e la Valle Padana e in ognuna di queste si produce ricotta con caratteristiche specifiche. La ricotta di Sardegna, ad esempio, può essere fresca o stagionata e quest’ultima può essere anche grattugiata. Le ricotte possono diversificarsi per la presenza di aromi, erbe aromatiche, peperoncino o pepe ed essere affumicate. Per tutte queste varietà la ricotta non ha un prezzo unico e la differenza di valutazione dipende anche dalla regione di produzione.
Ricotta nella cucina tradizionale italiana
Nella tradizione italiana la produzione dei formaggi e quindi della ricotta era stagionale. Mentre i formaggi erano stagionati e quindi consumati tutto l’anno, la ricotta entrava nella cucina e gastronomia tradizionale soprattutto in primavera e in estate. Nel passato con l’arrivo della Pasqua e con i parti degli animali e l’inizio della loro lattazione e l’apertura dei caseifici si apriva anche la stagione della ricotta e in questo periodo ancora oggi si vede un’impennata nei consumi, perché gli italiani non rinunciano a festeggiare la Pasqua con le torte di verdura iniziando dalla Torta Pasqualina. Con la Pasqua iniziava anche la comparsa in cucina di preparazioni nelle quali la ricotta è un ingrediente fondamentale, come i tortelli dove è associata ad erbe varie, senza dimenticare la pasticceria.
Oggi non è più così e l’uso della ricotta in cucina si va destagionalizzando anche per l’attenzione a cibi leggeri e freschi con la ricerca di alimenti con pochi grassi e molte proteine. Questa tendenza è favorita dal mercato che oggi moltiplica le tipologie di ricotta, con versioni un tempo note e diffuse solo localmente, come la ricotta di bufala, in confezioni che rispondono a nuove esigenze di consumo quali le monoporzioni, favorendo anche usi innovativi come possono essere le ricotte associate alla frutta o al cioccolato. L’uso della ricotta è oggi facilitato dalla presenza in commercio di varietà rese più saporite, cremose e appetibili con l’aggiunta di latte o panna. Questo le rende più gustose ma anche più caloriche e grasse, per cui è opportuno verificare sempre l’elenco degli ingredienti. Se si cerca un prodotto leggero evitare le ricotte che contengono crema di latte, un altro modo per definire la panna. Per avere garanzie sulla freschezza della ricotta controllare che non contenga conservanti, poco usati, ma presenti in alcuni prodotti. La presenza di correttori di acidità (acido lattico o acido citrico) non è indice di bassa qualità e non crea problemi di sicurezza. Oggi la ricotta è un versatile latticino che entra in molti piatti, salati e dolci, dagli antipasti ai dessert, e meriterebbe un maggiore uso.
Gli italiani mangiano poca ricotta
In Italia le ricotte danno origine a un mercato con un valore al dettaglio stimato in circa trecentoventi milioni di euro, in una quantità stimata in circa 55.000 tonnellate, più o meno il 7% dei formaggi acquistati (anche se la ricotta non è propriamente un formaggio, ma un latticino). Il 95% circa della ricotta è di mucca, il 2,7 % di pecora e l’1,7 % mista e i consumi sono per il 28,6 % nell’Italia del Nordovest, 19 % Italia Nordest, 26 % Italia Centrale e 26,4% Italia Meridionale e Insulare.
La ricotta deriva da una parte minoritaria, vale a dire circa il 16%, del siero di latte proveniente dagli otto, nove milioni di tonnellate di siero provenienti dalla produzione di formaggi. Infatti, per la limitata richiesta di ricotta, la maggior parte del siero di latte lavorato in Italia, quasi cinque milioni di tonnellate, è destinato ad altri usi. L’utilizzo del siero liquido riguarda prevalentemente l’alimentazione zootecnica e la trasformazione in polvere di siero per uso alimentare o zootecnico e per la produzione di una serie di derivati come lattosio alimentare, sieroproteine concentrate in polvere e altri usi industriali. Significativo è l’export di polvere di siero con Germania e Francia in testa tra i Paesi acquirenti con una quota complessiva dell’86%.
Gli Italiani sono modesti consumatori di ricotta, meno di un chilogrammo a testa per anno (grammi 910) una quantità minima in confronto ai circa ventitré chilogrammi di formaggio. Un aumento dei consumi di ricotta, un cibo dalle preziose caratteristiche nutrizionali, permetterebbe anche una migliore valorizzazione del siero di latte disponibile e quindi un maggiore reddito alla filiera casearia italiana. Per questo sarebbe utile una superiore comunicazione sui caratteri delle ricotte regionali in analogia a quanto eseguito con i formaggi.
Ricotta probiotica e alimento funzionale
Di recente è stata studiata la possibilità di creare ricotte probiotiche con emulsioni strutturate con monogliceridi come sistemi di veicolazione e protezione per i batteri probiotici (Melchior S., Calligaris S., Marino M., D’Este F., Honsell G., Nicoli M. C., Innocente N. – Digestive protection of probiotic Lacticaseibacillus rhamnosus in Ricotta cheese by monoglyceride structured emulsions – International Journal of Food Science and Technology, 57, 3106 – 3115, 2022). Con l’obiettivo di valorizzare il siero di latte esausto di ricotta, uno dei sottoprodotti più abbondanti dell’industria lattiero-casearia, è stato messo a punto un protocollo biotecnologico per ottenere peptidi bioattivi con attività inibitoria dell’enzima di conversione dell’angiotensina-I usando una combinazione di filtrazione a membrana e fermentazione. Si è così ottenuta una ricotta funzionale fortificata con attività contro l’ipertensione arteriosa dell’uomo e nella quale un etto di ricotta prodotta contiene circa trenta milligrammi di peptidi bioattivi (Pontonio E., Montemurro M., De Gennaro G. V, Miceli V., Rizzello C. G. – Antihypertensive Peptides from Ultrafiltration and Fermentation of the Ricotta Cheese Exhausted Whey: Design and Characterization of a Functional Ricotta Cheese – Foods, 10, 2573, 2021).