Breve storia del latte

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Di Giovanni Ballarini

Preistoria del latte

La produzione ed utilizzazione del latte quale nutrimento si intreccia alle origini di molte culture umane e soprattutto della nostra, quella del vecchio mondo ed in particolare di quella mediterranea. Sembra infatti che il termine latte derivi da mirjat, che significa egli accarezza o egli sfrega identificando l’atto della mungitura, oppure dal teutonico melki o melkan che significa mungere.
Fino al neolitico, circa 10.000 anni fa, l’uomo è cacciatore-raccoglitore e la sua alimentazione si basa soprattutto sulla selvaggina e su frutti o radici. Non può utilizzare il latte perché il gene per la sintesi della lattasi è diventato trasmissibile per una mutazione genetica legata al cambiamento della dieta nelle popolazioni europee intorno al 5.500 anni a. C. La domesticazione, soprattutto di pecore e capre, avvenuta in Mesopotamia nel 6.000 a.C., forse favorisce la selezione delle capacità digestiva e nella seconda metà del 3.000 a. C. il latte diviene alimento di uso corrente. In Medio Oriente il passaggio dalla caccia alla dipendenza dai bovini, ovini e caprini domestici comporta il consumo del latte e, come descrivono scrittori greci, anche di formaggio.
Il primo latte animale ad entrare nella alimentazione umana è quello di capra, seguito da quello di pecora, anche se alcune culture imparano ad usare quello di cammella, asina e cavalla, renna e bufala. Si pensa che l’uomo, ma più probabilmente la donna, abbia iniziato ad addomesticare animali da latte attorno agli anni 8000 – 5000 a.C., in Asia o nell’Africa sud-orientale.
I Persiani sono tra i primi ad usare latte e derivati, tra i quali il primo sarebbe stato lo yogurt, nato casualmente per gli enzimi presenti nello stomaco essiccato di pecora nel quale il latte era conservato. Gli Sciti della Persia sono definiti da Erodoto grandi consumatori di latte e latticini e gli Arii circa 4000-3000 anni a. C. in India, per meglio conservare il burro, sviluppano la tecnica della chiarificazione. In Estremo Oriente, dalla Mongolia alla Cina settentrionale, si afferma un sistema alimentare basato sul consumo di carne, latte e suoi derivati. Nella penisola araba la carne di cammello è molto apprezzata ma questi animali, come ancora oggi, sono macellati solo in caso di necessità e l’alimento principale è il latte di cammello ma anche di capra e di pecora dal quale sono ricavati burro e formaggio.
La testimonianza più antica di tentativi di lavorare il latte risale al 3100 a. C. e la troviamo nei reperti degli scavi di Ur, nel fregio della latteria conservato a Bagdad. In questo fregio una scena raffigura un uomo su di uno sgabello che munge; un’altra scena rappresenta due uomini, avvolti in pelli di pecore, che versano latte in recipienti, dopo averlo filtrato con un piatto bucherellato e in una scena successiva altri uomini raccolgono in giare il latte filtrato.
L’introduzione delle trasformazioni lattiero-caseario è un passo fondamentale nell’agricoltura primitiva, con l’adozione di prodotti a base di latte come componente principale delle diete degli agricoltori preistorici e quando si hanno a disposizione le tecniche di produzione della ceramica. La lavorazione del latte, in particolare la produzione di formaggio, sarebbe stata uno sviluppo epocale perché non solo consente la conservazione dei prodotti lattiero-caseari in una forma non deperibile e trasportabile, ma rende il latte un prodotto più digeribile per i primi agricoltori preistorici. La scoperta di abbondanti residui di latte in vasi di ceramica provenienti da siti del settimo millennio provenienti dall’Anatolia nordoccidentale fornisce le prime prove della lavorazione del latte, sebbene la pratica esatta non può essere definita in modo esplicito. In particolare, la scoperta di cocci forati con piccoli fori compare nei primi siti neolitici dell’Europa temperata nel sesto millennio a. C. e sono interpretati t come colini da formaggio, sebbene non sia stata ancora dimostrata un’associazione diretta con la lavorazione del latte. Residui organici conservati in vasi di ceramica forniscono prove dirette per l’uso precoce del latte nel periodo Neolitico nel Vicino Oriente e nell’Europa sud-orientale, nel Nord Africa, in Danimarca e nelle Isole Britanniche, sulla base dei principali acidi grassi nel latte, fornendo prove chimiche dirette per il loro uso nella lavorazione del latte. La presenza di materia grassa del latte in ceramiche di forma comparabile ai moderni colini da formaggio è una prova convincente del fatto che siano stati utilizzati per separare la cagliata di latte ricco di grassi dal siero di latte contenente lattosio.
Nel Millenovecento e soprattutto nel Duemila la ricotta vaccina, bufalina e ovi-caprina, adeguatamente confezionata e conservata, entra nella grande distribuzione alimentare come alimento compatibile con la dieta vegetariana e per il basso apporto calorico e l’alto contenuto proteico: è ì inserita nelle diete dimagranti e usata in molte diete e come ingrediente di antipasti, primi, secondi e dessert.

Con Omero e la Bibbia il latte entra nella storia

La caseificazione quale metodo di trasformazione e conservazione del latte è di poco successiva al suo uso alimentare diretto, se non l’ha preceduta attraverso i latti acidi. Oltre l’Odissea omerica, la Bibbia cita il latte ed i latticini in diversi passi. La Palestina è la Terra Promessa nella quale scorre latte e miele. Il latte per gli Ebrei è simbolo della vita e della fertilità.
Presso gli antichi Egizi, Greci e Sciti il latte ha un elevato significato religioso e terapeutico oltre che alimentare. In una tomba egiziana della diciottesima dinastia scavata a El-Kab è raffigurato un gruppo di sessanta bambini che consuma il latte prodotto da tre mucche, cinquantadue capre e nove asine. Nelle tombe egizie sono state trovare statuette cave della dea Thueris, alcune delle quali conservate nel Museo del Louvre a Parigi, e nelle quali la dea ha le sembianze di una femmina di ippopotamo ed il capezzolo destro bucato, per cui la statuetta può essere usata come un biberon. Diversi altri oggetti ritrovati nelle tombe egizie sono interpretati come biberon, la cui presenza certa risale però soltanto a circa il 200 a. C. per opera dei Romani. Nell’antico Egitto il latte, umano ed animale, ha diverse indicazioni terapeutiche ed è un veicolo di medicine.
Intorno al 500 a. C. Erodoto ci informa che i popoli del Libano ed i Tartari usano grandi quantità di latte di cavalla e che altri popoli lo gustano assieme a locuste seccate e poi macinate. Nell’antica Grecia la dieta, accanto a vegetali, carne e prodotti della pesca, prevede anche latte e derivati che possono essere ottenuti dall’animale vivo. Platone, Senofonte, Plutarco dedicano loro opere all’argomento. Ippocrate, celebre medico greco del IV secolo a. C., per primo – a nostra conoscenza – prescrive la dieta lattea in talune malattie. Questa dieta dura dieci giorni ed è costituita esclusivamente di tre litri e mezzo di latte. A parte il costo che per l’epoca rappresenta tale cura, è una dieta che apporta circa 2300 chilocalorie e quindi sufficiente per un giovane, un anziano od una persona adulta con vita sedentaria.

Romani lattofili

In Italia la pastorizia è presente già dal 3.000 a.C. e nell’alimentazione delle genti neolitiche è presente il latte alla cui lavorazione sono collegati i colatoi con coperchio forato. Alcuni frullini sono collegabili alla lavorazione del burro ma solo gli etruschi e poi i romani fanno largo uso di latte e derivati. Nel mondo etrusco, bovini, ovini e caprini sono allevati anche per latte e formaggi tra i quali in età romana è famoso il formaggio di Luni.
I Romani sono fortemente lattofili ed hanno anche una divinità particolare, Rumina, dea dei poppanti. Rumen è il termine usato per identificare la mammella ed è passato nel linguaggio scientifico e comune per identificare i più importanti animali produttori di latte: pecore, capre, bovini, cammelli che appartengono appunto ai ruminanti, anche se poi il termine ha finito con l’identificare un certo tipo di nutrizione di questi animali.
Nella romanità il latte è soprattutto di pecore e capre e prevalentemente trasformato in formaggi, oppure usato per l’allevamento dei vitelli. I bovini infatti sono usati in maggioranza come motori animali: se i trasporti rapidi sono eseguiti con cavalli e muli ed i trasporti locali soprattutto con asini, tutti i trasporti pesanti utilizzano i bovini. Questi ultimi animali non sono destinati alla produzione di latte, che è molto scarso e tanto prezioso che Giulio Cesare trova degno di segnalazione l’uso del burro nella cucina dell’Italia Cisalpina.
Nell’età romana, anche se Galeno come Ippocrate lo consiglia solo per uso medicinale, il latte diventa alimento di tutte le classi sociali e un’attività economica soprattutto con le nuove metodologie di lavorazione e di stagionatura dei formaggi che sono diffuse nel Nord Italia, in Gallia, in Germania ed in Inghilterra. Plinio il Vecchio riferisce che Romolo beveva molto latte, anche se il burro, condimento dei barbari delle Regioni del Nord, è poco conosciuto nell’area mediterranea. Catone dice che burro è usato soprattutto dalle classi povere, mentre Virgilio racconta che nelle città ogni mattina arrivano i contadini con contenitori di latte. Si sarebbero distinte così l’area burro-birra del Nord dell’Europa (Gran Bretagna, Germania, Olanda, Belgio, Francia e Svizzera del Nord, Padania) da quella olio-vino con Italia centro meridionale, Francia e Svizzera del Sud, Grecia, Spagna.
Nella Chiesa primitiva ai battezzati è offerto del latte, quale simbolo di purificazione della loro anima rigenerata dal sacramento. Agli inizi del cristianesimo il pasto dei fedeli dà un posto di privilegio al latte ed ai derivati, ma la Chiesa vieta il consumo del burro durante la Quaresima, considerato come carne.ù

Dopo l’anno Mille

In Italia e fino al tardo Medioevo l’allevamento bovino ha un ruolo marginale, tanto che Isidoro di Siviglia nel Seicento d.C. scrive che alcuni animali servono ad alleviare la fatica dell’uomo, come bovini ed equini, e altri a nutrirlo, come ovini e suini. I medici medievali ritengono il latte fonte di vita e di salute e quello di ovini e caprini migliore per sapore e qualità nutrizionali. Nel periodo attorno al Mille d.C. il latte, soprattutto quello bovino a noi così familiare, è ancora considerato un prodotto secondario dell’agricoltura e destinato in primo luogo ai consumi familiari. Solo il latte eccedente è utilizzato per la fabbricazione, prevalentemente domestica, del burro e del formaggio.
Dopo l’anno Mille si diffonde la possibilità di trasformare il latte bovino in formaggio per poterlo conservare e nel decimo secolo, soprattutto ad opera dei monaci benedettini e cistercensi, la pianura padana è dissodata con il passaggio da terreni incolti e boschivi ricchi di cinghiali a terreni coltivati a cereali. Le operazioni di aratura sono eseguite con i bovini, in particolare con i buoi. I parti bovini sono programmati per l’inizio della primavera e durante la tarda primavera e l’estate le mucche con i vitelli sono inviate nei pascoli appenninici e prealpini dove inizia lo svezzamento dei vitelli con ricupero di latte che è trasformato in burro, ma soprattutto in formaggio. Quando le vacche, al termine dell’alpeggio, discendono in pianura danno ancora un poco di latte che è dato in pagamento a chi le ospita durante la notte: da questo latte prodotto da vacche stracche per il lungo cammino si dice provenga un formaggio molle detto stracchino. Nelle abbazie Benedettine della pianura padana nascono i formaggi vaccini a lunga conservazione detti “grana” e tra questi i più noti sono il parmigiano, il lodigiano e il piacentino.
La cucina rinascimentale utilizza largamente il latte e i suoi derivati e il burro acquista l’importanza dello strutto e la panna è apprezzata dai buongustai per preparare alcuni piatti speciali a differenza della cucina medievale caratterizzata dallo scarso uso del latte e dei suoi derivati. Nel XV secolo Bartolomeo Sacchi scrive che il latte ha le stesse proprietà dell’animale da cui viene munto: si reputa ottimo quello di capra perché aiuta lo stomaco, elimina le occlusioni del fegato, lubrifica l’intestino; per secondo viene quello di pecora, per terzo quello di mucca. Nello stesso secolo il medico Pantaleone da Confienza nel primo trattato sul latte e i latticini della storia scrive che il latte è consigliabile esclusivamente alle persone che godono di perfetta salute, e con molte precauzioni: dovrà essere di bestia sana (…) lo si berrà a digiuno, ad almeno tre ore di distanza dai pasti, astenendosi poi dall’esercizio immediato di attività fisiche impegnative.
Durante i primi nove secoli del secondo millennio della nostra era il latte è scarso e poco cambia nella sua trasformazione ma indubbio è il suo lungo e glorioso passato. Nell’Italia di fine Ottocento il burro è consumato al Sud dalle famiglie benestanti per distinguersi dai meno abbienti, consumatori di olio d’oliva. In seguito dal latte si è ricavato il burro usato non solo come alimento ma anche per la cosmesi, come ottimo unguento di uso medico e, a volte, come lubrificante o per le lampade.
Nell’Ottocento viene messa a punto la pastorizzazione e nel secolo successivo compariranno tecnologie applicate al latte e ai contenitori per il suo trasporto (bottiglie di vetro, Tetrapak, …) in grado di garantirne la salubrità batteriologica e di prolungarne la durata, così da trasformarlo in un bene di largo consumo ad amplissima diffusione.