Di Giovanni Ballarini
Preistoria dei formaggi
Chi ha inventato il formaggio? Probabilmente non lo sapremo mai, perché quasi certamente è stato inventato più volte e in luoghi diversi. Come accade per molti altri prodotti, i formaggi sono il frutto di un intreccio tra le esigenze umane e l’ambiente, quando soprattutto la nostra specie, ma non solo, ha iniziato a ingegnarsi sperimentando e inventando tecniche, pratiche e trasformazioni. Anche per i formaggi, unitamente al latte e ad altri prodotti fermentati da questo derivati, lunghissimo è il percorso fatto per arrivare fin sulle nostre tavole, iniziando da una preistoria che ci è stata a lungo ignota, ma che le modernissime tecniche di ricerca e di studio iniziano a svelarci.
Residui di latte sono stati trovati in siti antichi di 8.000 anni fa in Turchia e in Libia, ma non vi è alcuna prova che il latte sia stato trasformato in formaggio. Fino a qualche decennio fa, sui formaggi avevamo notizie solo all’alba della storia e le nostre conoscenze sulla loro produzione derivavano solo dalle pitture murali che rappresentavano scene legate alla lavorazione del latte. Oggi lo studio delle ceramiche e la determinazione di residui dei componenti del latte in esse contenuti ci dicono che la lavorazione di questo alimento è un’importante attività delle prime società agricole che col formaggio trovano il modo di conservarlo. In questo modo possiamo avventurarci in una preistoria sempre più antica, anche sulla base delle conoscenze che ricaviamo da antichissimi recipienti di terracotta bucherellati presenti in diversi siti archeologici europei e che avevano la stessa funzione degli attuali strumenti usati nella lavorazione del latte per ottenere i formaggi. Grazie a queste ricerche sappiamo che con ogni probabilità diversi sono stati i centri nei quali è iniziata la lavorazione del latte e la produzione di formaggi (Debono Spiteri Cy. – Pottery use at the transition to agriculture in the western Mediterranean – University of York, 2012).4
7.500 anni fa, i formaggi dell’Europa centrosettentrionale
La scoperta e lo studio di residui di grasso del latte in strumenti di ceramica (Salque M., Bogucki P.I., Pyzel J., Sobkowiak-Tabaka I., Grygiel R., Szmyt M., Evershed R.P. – Earliest evidence for cheese making in the sixth millennium BC in northern Europe – Nature, 493 (2013) 522-525) permette di affermare che nell’Europa centrosettentrionale (Polonia), nel sesto millennio avanti Cristo (7500 anni fa), i nostri antenati producevano un formaggio ottenuto da latte in prevalenza bovino. Questo non ci deve stupire, considerando che le prime manipolazioni del latte sono più antiche e risalgono all’ottavo millennio a. C., oltre diecimila anni orsono (Evershed, R. P., et al. – Earliest date for milk use in the Near East and southeastern Europe linked to cattle herding – Nature, 455.7212 (2008): 528-531), e ci dicono che l’uomo ha iniziato ad utilizzare il latte molto presto dopo la domesticazione degli animali da latte che, secondo le più recenti indagini, avviene 13.000 anni fa per la capra e la pecora e 12500 anni fa per il bovino domesticato nei centri della rivoluzione neolitica mediorientale e non in Africa (Decker J.E., McKay S.D., Rolf M.M., Kim J., Molina Alcalá A., et al. – Worldwide Patterns of Ancestry, Divergence, and Admixture in Domesticated Cattle – PLoS Genet. 10, 3, 2014).
Sappiamo anche che la diffusione della tecnologia casearia neolitica raggiunge non più tardi del quinto millennio l’Europa centrale e l’arcipelago britannico seguendo due direttrici: i Balcani e il Sud della Francia.
Diversi ricercatori ritengono anche che sia il latte, più che la carne, a diffondere l’addomesticamento e l’allevamento degli animali, una conclusione che deriva dall’aver retrodatato l’inizio dello sfruttamento del latte al primissimo neolitico, quando i nostri antenati ancora cacciatori imparano a valorizzare le proprietà del latte. Secondo questo modo di pensare, gruppi umani in transizione dall’economia della raccolta e della caccia a quella del nomadismo sviluppano le prime forme di allevamento stanziale che si accompagnano ai primi tentativi di agricoltura-orticoltura, mentre la caccia continua ancora a fornire buona parte della carne e delle pelli. In questa prospettiva si è anche propensi a ritenere che l’allevamento precede l’agricoltura vera e propria, e che l’uso del latte è talmente antico da anticipare anche l’invenzione della ceramica, incrementandone addirittura l’uso con la produzione di strumenti specifici come i contenitori bucherellati, molto simili a quelli ancora oggi utilizzati nella trasformazione del latte in formaggi e altri prodotti caseari. Le conclusioni raggiunte sull’uso di questi strumenti con piccoli e numerosi fori non vengono solo dalla loro forma, che fa supporre fossero usati per filtrare il latte e separare il caglio ricco di grassi dal siero contenente lattosio, ma soprattutto dall’analisi dei residui degli acidi grassi imprigionati nella ceramica che dimostrano di provenire da prodotti caseari.
Altre analisi condotte su altri tipi di recipienti dimostrano la presenza di grassi animali e anche di cera d’api, probabilmente usata per sigillare contenitori: questo significa che le cucine nella preistoria sono già ben dotate di pentole per cucinare la carne, recipienti per trasportare liquidi e attrezzi per lavorare il latte. Oggi sappiamo che fare formaggi non solo permette di avere un alimento che si conserva a lungo e può essere trasportato, scambiato e commercializzato, ma anche di avere un prodotto che è privo di gran parte, se non di tutto, il lattosio, permettendo all’uomo di assumere tutti i nutrienti del latte senza subire disturbi da intolleranza al lattosio.
7.200 anni fa i formaggi del Mediterraneo
In due siti archeologici della Croazia – Pokrovnik e Danilo Bitinj – attraverso l’analisi con gli isotopi di carbonio eseguite su oggetti di ceramica, si dimostra la presenza di tracce di quello che (per ora) è ritenuto il più antico formaggio del Mediterraneo, prodotto da uomini neolitici 7200 anni fa, conservato in appositi contenitori e che, grazie alle sue proprietà nutrizionali, ha fatto prosperare queste antiche popolazioni (McClure S. B., Magill C., Podrug E., Moore A. M. T., Harper Th. K., Culleton B. J., Kennett D. J., Freeman K. H.- Fatty acid specific δ13C values reveal earliest Mediterranean cheese production 7,200 years ago – PLOS ONE, 2018; 13, 9). Questa scoperta indica che i formaggi sono stati elaborati appena cinquecento anni dopo le prime prove della conservazione del latte, che si ritiene risalgano a 7.700 anni fa. Uno degli aspetti più interessanti del reperto, sta nella particolarità dei contenitori in cui sono state trovate le tracce dell’antichissimo formaggio, la cosiddetta ceramica Danilo che è caratterizzata da diversi stili. I contenitori Figulina, ceramica cotta a lungo e finemente decorata, sono utilizzati per il latte, il grasso animale e il pesce.
La ceramica Rhyta, tondeggiante e dalle forme ispirate al corpo umano e a quello degli animali, è usata per i formaggi morbidi e gli yogurt. Una terza categoria di ceramica serve per la produzione di setacci utilizzati verosimilmente nella produzione del formaggio. Anche per le proprietà nutrizionali e le calorie offerte dai formaggi, ritengono i ricercatori, le popolazioni neolitiche della costa Dalmata prosperano e possono spingersi sempre più a nord, resistendo meglio ai climi rigidi.
3.600 anni fa il formaggio delle steppe
Presso i popoli delle steppe si attesta l’uso di latti fermentati (kefir), più conservabili e utilizzabili anche da popoli nomadi. I più antichi resti di formaggio, di 3600 anni fa, sono stati rinvenuti nelle mummie del Taklamakan della necropoli della prima età del bronzo di Xiaohe (1980-1450 a.C.), in un’area desertica del Xinjiang nell’ovest della Cina (Yang Y., Shevchenko A., Knaust A., Abuduresule I., Li W., Hu X., Wang C., Andrej Shevchenko A. – Proteomics evidence for kefir dairy in Early Bronze Age China – Journal of Archaeological Science, 45, (2014):78-186). In queste tombe, le mummie e il formaggio si conservano grazie alle particolari condizioni ambientali, alle tecniche di inumazione e alla tecnica di produzione del formaggio di Kefir. La presenza di formaggio sul corpo di una mummia può essere interpretata come un’offerta funeraria, come poi faranno altri popoli, tra cui gli antichi egizi.
3.200 anni fa il formaggio dei Faraoni
Nella monumentale ricerca di Darby e collaboratori sugli alimenti e sull’alimentazione dell’Antico Egitto (Darby W. J., Ghalioungui P., Grivetti L. – Food: The Gift of Osiris – Academic Press 1977), si afferma che nell’Antico Egitto non esistono parole per identificare il formaggio (e il burro) e che esiste soltanto un’immagine nella quale è stata interpretata la presenza di due forme di formaggio. Ora per certo sappiamo che già 3.200 anni fa gli egiziani mangiano formaggio, come dimostrano le ricerche dei ricercatori dell’Università di Catania e dell’Università del Cairo (Greco E., El-Aguizy O., Mohamed Badr N., Foti S. – Proteomic Analyses on an ancient egyptian cheese and biomolecular evidence of Brucellosis – Analytical Chemistry 90 (16) July 2018). Il formaggio studiato proviene da uno scavo nella tomba di Ptahmes, la più grande di Saqqara. Ptahmes è il sindaco di Tebe e un ufficiale di alto rango durante i regni di Seti I e Ramses, in un periodo che va dal 1290 al 1213 avanti Cristo. La tomba di Ptahmes è stata scoperta nel 1885 da alcuni cacciatori di tesori per poi andare perduta sotto le sabbie del deserto del Sahara fino al 2010, quando è stata rinvenuta dagli archeologi dell’Università del Cairo. Secondo le analisi biomolecolari proteomiche, il residuo solido di formaggio è stato ottenuto da latte di capra, mucca e pecora e dimostrerebbe le abitudini alimentari dell’epoca. Le analisi dimostrano anche che nel formaggio è presente una sequenza peptidica attribuibile alla Brucella melitensis, un batterio responsabile della brucellosi, malattia infettiva che colpisce prevalentemente i ruminanti e che nell’uomo provoca la Febbre Melitense o Febbre Mediterranea, che è quindi già sicuramente presente nell’Antico Egitto, come si supponeva in base ad altre ricerche su diverse mummie. La presenza di formaggio in una tomba dimostra l’importanza di questo alimento, aggiunto ad altri per accompagnare il defunto durante il suo viaggio eterno.
Origine del caglio microbico
Il formaggio si ottiene dalla coagulazione del latte che può essere provocata da diversi agenti (mucosa dello stomaco di animali macellati, vegetali diversi e microrganismi). Vi sono in merito diverse leggende, come quella del pastore che trasportando il latte in un sacco ottenuto dallo stomaco di un agnello lo trova coagulato o dall’osservazioni delle madri che si accorgono che il bambino che allattano erutta coaguli. Solo ora stanno iniziando ricerche volte a chiarire l’origine dei cagli, tra cui l’indagine di Varela e coll. (2019) sul ruolo che avrebbe avuto la Drosofila, il moscerino della frutta, come veicolo del microrganismo Kluyveromyces lactis (Varela J. A., Puricelli M., Ortiz-Merino R. A., Braun-Galleani S., Wolfe K. H., Morrissey J. P. – Origin of Lactose Fermentation in Kluyveromyces lactis by Interspecies Transfer of a Neo-functionalized Gene Cluster during Domestication – Current Biology, 29 (24) 16 december 2019, pp. 4284-4299). Secondo questa ricerca, il casuale e preistorico incontro tra l’uomo e il moscerino della frutta caduto dentro il latte avrebbe avviato la sua cagliata, dando origine a un kefir e poi al formaggio preistorico. Secondo i ricercatori il moscerino portava con sé un progenitore del Kluyveromyces lactis, un lievito comune nei formaggi freschi e nel kefir. Questo microrganismo, incapace di utilizzare il lattosio come fonte di energia, si sarebbe unito con un suo simile, il Kluyveromyces marxianus, già presente nel latte fresco, dando origine al Kluyveromyces lactis, capace di metabolizzare il lattosio e di trasformare il latte in qualcosa di totalmente nuovo. Inizia così la selezione di lieviti, funghi e altri batteri che trasformano il latte in una sterminata varietà di formaggi.